A Machina o ghiacciu
Su Via Nicolò Mandalà all'incrocio con la Via Giovanni Papini si trova un bellissimo stabilimento artigianale in cui venivano fabbricati lastroni da mettere nelle ghiacciaie dell'epoca o da trasportare alla Loggia del Mercato durante la vendita del pesce. Il ghiaccio veniva prodotto in particolari forme parallelepipedi, “le balle” e veniva usato per uso alimentare o in ospedale. Per questo la fabbrica funzionava anche in inverno e riceveva, per ammortizzare le perdite dovute ad un uso limitato del prodotto, una sovvenzione da parte dell’amministrazione comunale. Anche i privati usavano il ghiaccio prodotto dalla fabbrica. Non essendoci frigoriferi nelle abitazioni, era questo l’unico modo per conservare icibi. I più ricchi ricevevano a casa la balla intera, i più poveri si accontentavano di mezza balla o di un quarto di balla. L’operazione di ripartizione della balla si effettuava mediante uno strumento a forma di uncino che provocava il formarsi di schegge di ghiaccio che costituivano la gioia dei bambini che si accalcavano attorno al mezzo del fornitore, in un primo tempo un carro, poi un mezzo a motore. In quel periodo era in voga “a fumma o ghiacciu”. Si trattava di ghiaccio tritato ottenuto con una macchinetta che raschiava la superficie della balla, ottenendo dei granuli che venivano pressati dalla macchinetta stessa. Una volta aperta la macchinetta, ne usciva una forma di ghiaccio tritato che colorata con sciroppi di diverso colore, veniva succhiata dai bambini. Il ghiaccio veniva usato anche per fare la famosa “minnulata”, la granita di mandorle.
La comparsa dei primi frigoriferi in concomitanza con il boom economico, provoco’ la crisi e successivamente la chiusura dello stabilimento.